Ne consegue che in caso di controversie sulle vendite Ex-Works i contenziosi legali si devono tenere “a casa” del venditore

Uno degli argomenti maggiormente dibattuti nell’ambito del commercio internazionale riguarda il valore da attribuire ai cd. Incoterms® ai fini dell’individuazione del giudice competente a decidere eventuali controversie.
Gli Iconterms®, abbreviazione di International Commercial Terms, sono quei termini di resa predefiniti, codificati e pubblicati dalla International Chamber of Commerce di Parigi (ICC), con lo scopo di regolare la ripartizione tra venditore e compratore delle responsabilità, dei costi e dei rischi legati alla consegna delle merci.
Oltre a svolgere la suddetta funzione, qualora un contratto di compravendita internazionale ne contenga un espresso richiamo, in seguito ad accordo tra le parti, essi possono incidere anche sul diverso ed assai rilevante problema della risoluzione di eventuali controversie future.

Un tema ricorrente nei contratti di vendita internazionale è quello della individuazione del giudice competente davanti al quale il venditore italiano può agire per il recupero di crediti nel caso in cui il compratore estero ometta di pagare il corrispettivo.

Le sezioni unite della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 11346/2023, modificando il proprio precedente orientamento, per stabilire la competenza giurisdizionale nelle controversie intra-europee e quindi per individuare il luogo di consegna relative alla compravendita internazionale di beni mobili, a norma del regolamento n. 1215/2012, sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni (“Bruxelles I bis”), hanno attribuito valenza probatoria alle clausole “Ex Works” (“EXW”).

Sulla base dell’orientamento della Cassazione italiana prevalente fino a tempi recentissimi (si basava su un’interpretazione – assai criticata – del regolamento UE 1215/2012), nei contratti che non contenevano una clausola di proroga del foro (con cui le parti stabiliscono in via esclusiva quale sia il giudice competente a decidere sulle controversie derivanti dal contratto), il venditore italiano si trovava spesso costretto ad agire davanti al giudice del luogo il cui il compratore aveva sede, rendendo evidentemente più complesse – e spesso più costose – le procedure di recupero dei crediti.

Orbene, la Corte di Cassazione, per parecchio tempo, ha ritenuto che l’adozione di un termine di resa sotto forma di Incoterm non offrisse certezze con riguardo all’individuazione del luogo di consegna rilevante ai fini della giurisdizione e della individuazione del giudice competente a decidere.

Con la recente pronuncia del 2 maggio 2023 (ordinanza n. 11346/2023) le Sezioni Unite si sono finalmente allineate alla giurisprudenza della Corte di Giustizia ed hanno statuito che, al fine di determinare il luogo di consegna “in base al contratto“, il giudice nazionale deve tener conto anche dei termini e delle clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms, purché idonei ad identificare chiaramente tale luogo, salvo quindi che dal contratto risultino diversi ed ulteriori elementi che inducano a ritenere che le parti abbiano voluto un diverso luogo della consegna.

Per la Suprema Corte, precisato che la verifica deve essere svolta alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, con particolare riguardo alla sentenza del 9 giugno 2011, causa C-87/10, è evidente che nell’interpretare il contratto per determinare il luogo di consegna della merce, è necessario accertare se le clausole contenute nello stesso contratto “integrino o meno l’Incoterm ‘Ex works’” perché in questo caso “sarà in base a tale clausola che dovrà essere identificato il luogo di consegna delle merci e conseguentemente la giurisdizione”. 

Con specifico riferimento alla regola EXW, la Cassazione ha confermato che, compito di quest’ultima è di rilevare la determinazione del luogo della consegna della merce, e pertanto il compito demandato al giudice è esclusivamente quello di riscontrare se la clausola in concreto riprodotta in contratto corrisponda alla regola degli Incoterms oppure ad un’altra clausola o ad un uso abitualmente impiegato nel commercio, idonea comunque a identificare con chiarezza il luogo della consegna.

Si tratta di una decisione importante per gli operatori italiani, in quanto sarà d’ora in poi più facile agire in Italia contro i compratori stranieri tutte le volte in cui la consegna della merce avvenga presso gli stabilimenti del venditore o comunque all’interno del territorio italiano. Sono vendite c.d. “alla partenza” ad esempio quelle disciplinate dai termini “Ex Works”, “FCA” e “CIF”, tra i più comuni nel commercio internazionale. 

Naturalmente, il presupposto è che il contratto non contenga una clausola esclusiva del foro in favore del giudice straniero, nel qual caso la previsione contrattuale renderà irrilevante il luogo in cui la merce è stata consegnata ai fini della determinazione del giudice competente.

Vanessa Antonelli

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